L’ansia e lo stress visti dal mondo della scienza

Immagina di tornare a casa dopo una giornata di lavoro particolarmente stressante. Il tuo unico desiderio è di dimenticare tutto, rilassarti e non pensare a nulla.

Ti sdrai sul divano, chiudi gli occhi e… inizi a pensare! Cominci a ricordare tutto quello che è successo in ufficio: il tuo capo che ti ha assegnato un lavoro che non avevi mai fatto prima, la tua collega che invece di aiutarti, sogghigna perché ti vede in difficoltà e si gode il momento… Praticamente sei ritornato nel tuo ufficio e ora cominci a provare lo stesso senso di inadeguatezza, ma anche di nervosismo e di delusione di te stesso che avevi vissuto solo poche ore prima.

Ma…non volevi rilassarti? Lasciarsi andare al “pensiero libero” è un metodo efficace per cambiare il proprio stato d’animo?

Secondo uno studio dell’università di Oxford, no.

L’articolo, pubblicato su Jama Psychiatry nel giugno 2016, si occupava degli effetti sul cervello della meditazione come arma efficace per combattere le ricadute dopo una depressione.

In questo studio, condotto su 1.200 persone, provenienti da diverse nazioni, ma accomunate dal fatto di aver vissuto uno stato di depressione grave, i ricercatori si sono concentrati su pazienti curati con successo e andati incontro ad una terapia chiamata «Mindfulness Based Cognitive Therapy» (MBCT).

Questo percorso combina la terapia cognitiva con la meditazione, insegnando a riconoscere lo schema di funzionamento della propria mente e dei propri pensieri, al fine di rispondere in modo costruttivo ad eventuali spirali di negatività verso il basso.

I risultati sono stati veramente interessanti: tra coloro che avevano seguito la terapia MBCT (sessioni di gruppo di due ore a settimana per due mesi e un’intera giornata alla quinta settimana), il 38% aveva una ricaduta entro 60 settimane di follow up, periodo significativamente ridotto rispetto a quello registrato per chi aveva seguito cure abituali e non era andato incontro a questo tipo di terapia.

Ma senza addentrarci nell’efficacia di terapie di tipo medico per persone con gravi problemi depressivi, è stato comunque accertato che meditare provoca una riduzione del pensiero che porta a rielaborare negativamente gli eventi passati e, quando si rivolge al futuro, costringe il soggetto  a pensare e ripensare senza sosta al possibile svolgimento di eventi che riproducono praticamente quelli negativi vissuti personalmente o anche da altri.

La meditazione: origini e significato

Ma che cos’è la meditazione?

In realtà non esiste una definizione unica di meditazione, in quanto riguarda moltissime branche del sapere, della medicina, dell’arte, etc.

Nella cultura yogica, ad esempio, la meditazione viene intesa come uno stato mentale in cui si sviluppa la capacità di isolarsi non solo dai pensieri ma anche dalle influenze esterne.

Se consideriamo che la nostra mente elabora ogni giorno circa 60/70 mila pensieri, di cui la maggior parte senza alcun controllo, è evidente che la meditazione sia qualcosa di molto importante sia per poter imparare a controllare il flusso di informazioni che ci raggiungono quotidianamente, ma anche per diventare più consapevoli del fatto che esiste una connessione mente-corpo che genera le nostre emozioni.

Da un punto di vista fisiologico, le emozioni possono essere considerate come la traduzione in forma di sensazioni soggettive di tutte le esperienze che viviamo. Il “mediatore” di questa trasformazione che avviene nella nostra mente e nel nostro corpo è l’amigdala, che è, in sostanza, un agglomerato di nuclei nervosi localizzati all’interno del nostro cervello.

L’amigdala, in pratica, acquisisce le informazioni e le stimolazioni che arrivano al nostro cervello e attribuisce ad esse un significato emotivo. L’elemento interessante è che non c’è alcuna distinzione tra la stimolazione reale, “esterna”, e quella immaginata, “interna”. Dal cervello, poi, partono le risposte endocrine, motorie e autonome che si possono trasformare in effetti somatici.

Da quanto abbiamo visto, appare quindi come sia molto importante imparare a “gestire” il flusso mentale dei pensieri che si generano, sia per migliorare la consapevolezza della realtà, ossia vivere quello che viene descritto come il “qui-e-adesso”, ma anche per sviluppare un modo di pensare focalizzato sugli obiettivi che ci poniamo nella nostra vita, piuttosto che sui limiti che pensieri negativi incontrollati producono in forma di emozioni bloccanti.

Tecniche di meditazione: cromoterapia e mandala

Esistono diverse tecniche di meditazione. Una molto diffusa specie tra gli imprenditori e tra chi svolge dei lavori piuttosto stressanti è quella della cromoterapia, ossia della terapia che sfrutta gli effetti dei colori sul nostro organismo.

Questa arte è molto antica. Già migliaia di anni fa venivano attribuite capacità terapeutiche, ad esempio, all’esposizione alla luce del sole. Inoltre, in India, anche la medicina ayurvedica sostiene che i colori influenzino i chakra e quindi anche l’equilibrio dell’organismo. Esistono anche numerosi studi accademici molto più recenti che considerano l’importanza dell’influenza che i colori hanno sul nostro stato d’animo.

In particolare la colorazione di disegni di tipo geometrico, i cosiddetti mandala per la meditazione o, comunque, per gestire lo stress della nostra mente, è qualcosa che nacque praticamente con l’evoluzione culturale del mondo asiatico, ma che si è diffusa successivamente anche nel mondo occidentale, specie grazie allo psichiatra Carl Gustav Jung.

Nelle culture asiatiche già dal 1.500 a.C. si parlava di mandala, che in sanscrito significa “centro, circolo, anello magico”, associato a elementi celesti quali Sole e Luna. Solo successivamente questo termine venne utilizzato come sostantivo riferito ai disegni che conosciamo adesso.

Sembra che Siddharta Gautama, il fondatore del buddismo, nato nell’area geografica attualmente conosciuta come Nepal e vissuto probabilmente nel VI secolo a.C.,  lasciò il suo regno dopo essere diventato consapevole della sofferenza umana, e si occupò di come raggiungere l’illuminazione attraverso la meditazione e l’azione riflessiva. Iniziò a predicare la sua filosofia in varie parti dell’India, dove raccolse un gruppo di devoti seguaci e alla fine fondò il primo sangha, ossia la comunità buddista di monaci.Essi diffusero la pratica di dipingere le composizioni spirituali, chiamate mandala, in altre parti dell’Asia e coinvolgendo, nel corso dei secoli, anche culture religiose diverse da quella buddista, come l’Induismo.

Anche ai giorni nostri questa pratica è utilizzata da molte persone, in particolare da chi svolge un lavoro di forte responsabilità e che provoca quotidianamente uno stress intenso.

Sembra che colorare o creare dei mandala possa aiutare la mente a rilassarsi e a disconnettersi dai pensieri di ansia e preoccupazione. Ma i benefici sembrano non essere solo questi.

Il fatto di praticare un’attività che coinvolge il nostro corpo (disegnare o colorare con le mani) guidato dalla nostra parte creativa, sembrerebbe consentire alla parte destra del nostro cervello di sprigionare le idee che ci provocano piacere e interesse e che spesso trascuriamo nella vita di ogni giorno.

In definitiva è come risvegliare la parte emotiva positiva che caratterizza l’infanzia e la fanciullezza, facendoci divertire e liberandoci dallo stress e dalle ansie.

Scegliere un nuovo percorso

Ma ritorniamo da dove era iniziato tutto…. al nostro divano! 

Beh considerando i consigli che abbiamo acquisito nel nostro piccolo viaggio sull’importanza della meditazione e sulla connessione mente-corpo, potremmo immaginare uno scenario diverso. Dopo essermi sdraiato sul divano inizio a guardare come uno spettatore i pensieri che fluiscono, come delle rondini che sorvolano il cielo davanti a me: le vedo arrivare, le guardo e poi le lascio andare.

Ora mi sento decisamente molto meglio!

Eros Leoncino
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