La storia

L’olio Toscano….. La pianta dell’olivo è originaria dell’Asia Minore e si è diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo circa 6000 anni fa. Secondo Plinio l’olivo fu importato in Italia dai Greci all’epoca di Tarquinio Prisco che proprio nell’olio trovarono la fonte primaria della loro prosperità commerciale.

Romani usavano l’olio in grandi quantità e diedero pertanto grande impulso alla produzione e al commercio e inoltre cominciò ben presto ad essere utilizzato anche come unguento per il corpo, con massaggi e trattamenti per mantenere morbida ed elastica la pelle.

In Toscana, e in particolare nella provincia di Firenze, fu la famiglia dei Medici a stimolare la diffusione dell’olivo, favorendo la cessione ai Comuni di terreni collinari, con l’obbligo di affittarli a prezzi minimi a chi li trasformasse in oliveti e vigneti.

Nel corso del XVIII sec. ebbe luogo la prima catalogazione ufficiale delle varietà di albero d’oliva presenti sul nostro territorio, effettuata sulla base della loro provenienza geografica. Furono Puglia e Toscana a distinguersi per le caratteristiche dei loro oli.

“Olea prima omnium arborum est ”Giunio Moderato

Il processo di trasformazione

L’olio toscano. La raccolta delle olive rappresenta il momento iniziale del processo che porta l’olio sulle nostre tavole. Le olive raggiungono una maturazione ideale in genere verso la fine dell’autunno.
Il metodo della raccolta manuale ‘la brucatura‘ rimane senza dubbio quello più adatto a garantire una cernita scrupolosa, ma le odierne esigenze produttive fanno optare per sistemi meccanizzati. Estremamente indicata in questo senso la pettinatura, che con una sorta di ‘pettine oscillante’ scuote la pianta provocando la caduta delle olive più mature.

Il trasporto al frantoio deve avvenire nel minor tempo possibile, e questa rappresenta senza dubbio la fase più importante e delicata. La lavorazione delle olive – lavate e separate dalle foglie – ha inizio con la frangitura, ossia la loro riduzione in poltiglia, che può avvenire sia con le tradizionali macine in pietra (molazze) che con l’ausilio di moderni frangitori, in genere ‘a martello’ o a dischi dentati.

Il passaggio successivo è quello della gramolatura: attraverso un delicato e costante rimescolamento della pasta oleosa, che viene leggermente scaldata, si favorisce la successiva estrazione dell’olio, che tende a riunirsi in gocce sempre più grosse. Una volta isolato, il composto di acqua e olio è sottoposto ad una breve centrifugazione, che permette l’isolamento finale dell’olio, pronto a questo punto per essere imbottigliato. La pasta e l’acqua avanzate sono mandate in apposite raffinerie, dove da un’ulteriore spremitura saranno ricavati oli destinati a fertilizzante o uso industriale.

L’annata dell’olio 2022, tra pro e contro

L’olio toscano. Questa annata verrà ricordato per il caldo prolungato e l’assenza di piogge. Questi fattori hanno condizionato fortemente anche gli uliveti la raccolta delle olive 2022 nella regione Toscana.  Basta pensare che a fine ottobre già tre quarti della produzione era stata raccolta. La siccità e le alte temperature che ci accompagnano da maggio hanno determinato cali delle produzioni molto differenziate ma comunque sensibilmente migliori rispetto all’annata precedente. Per fortuna, nonostante i timori legati alla complessa congiuntura economica e all’impennata dei costi e delle bollette, i frantoi si sono fatti trovare pronti.

Il caldo non è stato però solamente una minaccia, ma una “scongiura”, almeno per la regione Toscana, per il problema della mosca dell’olivo. Il caldo estivo ha infatti tenuto bassa la pressione della mosca negli uliveti fino a fine settembre. E mentre gli olivicoltori in regime convenzionale che devono aspettare stanno difendendo le piante con le molecole a disposizione, mentre chi è in regime di biologico si trova in seria difficoltà.

“L’annata è andata bene – spiega Massimiliano Dindalini direttore della Confederazione italiana degli agricoltori – con una resa mediamente più alta rispetto agli altri anni e una qualità molto buona. La mosca non ha creato problemi: le alte temperature l’hanno scongiurata. E la quantità riesce a far recuperare qualcosa sui costi”.

I costi di produzione e l’ innalzamento del prezzo dell’olio

L’olio toscano. La grande incognita di quest’anno, come in tutti i settori, sono i costi di produzione, che hanno rischiato di frenare l’attività. “Il rovescio della medaglia – spiega Dindalini – è infatti legato al balzo del costo per la molitura. Se fino allo scorso anno ammontava a 16, 17 euro al quintale, quest’anno è lievitato e va dai 22 ai 24 euro. E così per ogni litro di olio ci ritroviamo costi per la molitura pari a 1,50 euro”.

Questo preoccupa i produttori, ma anche il consumatore. “Si va dai 15 ai 18 euro al litro – prosegue Dindalini – anche se ci sono casi in cui la vendita arriva a 20 euro. Il problema è sempre la concorrenza degli olii a basso costo: si trovano in vendita anche a 4 euro al litro. Ma non parliamo di qualità: in questi casi è pessima”.

Restano anche le problematiche di un settore in affanno: “In Toscana – conclude Dindalini,  – gli olivi sono sempre più abbandonati. Ci sono iniziative, come quella del comune di Castiglion Fiorentino, che promuovono l’”adozione degli olivi”. Ma sono opere che fanno bene soprattutto al paesaggio, perché non bastano per sostenere l’attività imprenditoriale. Perché i costi sono sempre più alti e i rischi sono molteplici. Per gli olivicoltori sono tempi duri”.

L’iniziativa di Castel Fiorentivo: “adozione degli olivi”

L’olio toscano. Nella zona tra Taragnano e la Pieve siamo davanti a almeno cinquemila ulivi incolti. Le ragioni di questo progressivo abbandono sono molte, locali e generali. Una volta le colline erano abitate e ogni famiglia coltivava i propri ulivi e raccoglieva i suoi frutti. Oggi molti hanno lasciato le loro zone, lavorano nelle fabbriche o altrove, la coltivazione della terra non è più redditizia e la generazione che ancora cercava di far convivere la nuova attività economica con quella tradizionale sta scomparendo.

Al giorno d’oggi possedere un uliveto spesso diventa un peso. Il turismo legato all’agricoltura e al territorio, che negli ultimi decenni si è molto sviluppato, potrebbe subire un duro colpo.

“È innegabile che questo mondo, così prezioso per la nostra cultura e anche per la nostra economia, stia soffrendo molto – ci dice il sindaco. di Castiglion Fiorentino Mario Agnelli – Proprio nei giorni scorsi, come “Città dell’Olio” abbiamo incontrato l’assessore regionale Stefania Saccardi, che ha mostrato grande attenzione all’argomento. Le cause sono tante e spesso derivano da fattori generali ma da parte nostra ci deve essere il massimo sforzo per fare tutto il possibile. Si è parlato di un’iniziativa che in altri ambiti ha già interessato le cooperative sociali, alle quali sono state affidate uliveti incolti. Le condizioni burocratiche vanno create ma chissà chi in futuro anche i giovani famiglie non possono prendere in adozione qualche decina di ulivi, coltivarli e procurarsi olio per il consumo, e i proprietari rimarrebbero con uliveti trattati come una volta”.

La via dell’olio in bici

biciImmaginate una bella giornata di sole e le colline del Valdarno. Prendete la bicicletta e iniziate a pedalare tra sentieri nella natura: troverete la pace e la bellezza di cui avevate bisogno. Il percorso che vi segnaliamo è detto “La Via dell’Olio”, un anello circolare che comprende i comuni di Bucine e Laterina Pergine Valdarno e prende il nome da una delle principali culture della zona: l’olivo.
Si tratta di un itinerario suggestivo con molti chilometri di “strade bianche”, il classico selciato toscano, circondati da innumerevoli oliveti, coltivazioni tipiche che danno vita ad uno dei tesori culinari del nostro territorio: l’olio extra vergine di oliva.

Alla scoperta di Bucine
La Via dell’Olio può iniziare a Bucine, un paese dalle origini antiche, considerato una “porta del Chianti”: un punto di partenza ideale per esplorare i diversi borghi del Valdarno e le vicine città d’arte.
Qui si può visitare la Pieve romanica di San Giovanni Battista a Petrolo, un edificio che custodisce tre eccezionali opere in terracotta invetriate di Giovanni Della Robbia tra il 1517 ed il 1521.
Pedalando tra aziende agricole e fattorie, si possono inoltre degustare l’ottimo vino e l’olio extravergine di oliva di qualità prodotti in questo ricco territorio.

La torre di Galatrona
L’itinerario in bici continua alla volta della famosa Torre di Galatrona, chiamata il “Torrione”; in epoca alto-medievale svolgeva funzioni di controllo. Alta 27 metri, oggi è luogo eccezionale per una vista a 360° su tutta la Valdambra. Da qui, si possono scorgere borghi meravigliosi, colline e terreni coltivati, in cui spicca la vite e l’olivo.

Il Castello di Cennina
La tappa successiva è al castello di Cennina, una rocca eretta nel 1167 dal conte ghibellino Brandaglia Alberico d’Uguccione. L’attuale borgo medievale è ancora racchiuso dai resti di un’imponente cinta muraria, lungo la quale si apre una turrita porta d’accesso alla fortificazione.
Dal borgo di Cennina si scorge uno dei paesaggi più belli del Valdarno: dal Pratomagno alle Valli dell’Arno e dell’Ambra, da Civitella e la Valdichiana fino al Casentino e la Verna.

Pergine Valdarno
La gita in bici può concludersi visitando Pergine Valdarno, posto quasi al centro del triangolo geografico delle province di Arezzo, Siena e Firenze. La vocazione rurale di questa terra, però, la si percepisce anche con un semplice colpo d’occhio sulla campagna, punteggiata di casolari, con le caratteristiche colombaie, strutture che erano deputate a ospitare allevamenti di uccelli. 

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