Il trekking alle cascate del Rutor credo che sia una delle più belle escursioni della Valle d’Aosta e, diciamolo, di sicuro quella che più mi è rimasta nel cuore, quella di cui parlo quando mi chiedono se mi piace la montagna! Sì, perché questa giornata la ricorderò per sempre: per i paesaggi mozzafiato, per i passi appesantiti da quella che è stata la mia zavorra (il mio bimbo portato nello zaino per quasi tutto il percorso), per la bellezza di poter condividere con lui la gioia che cresceva dentro di me nell’immergermi nella natura.

“Tre salti d’acqua impetuosi e spumeggianti tra i boschi della Valle d’Aosta”, così vengono descritte le cascate del Rutor. Il dislivello di questo trekking è di circa 600 metri, ma io non mi sono fermata qui, ho voluto raggiungere dove tutto ha inizio: il ghiacciaio del Rutor, situato a quota 3.486 metri!
Il suo scioglimento genera acque che attraversando boschi selvaggi e gole formano una serie di salti molto suggestivi (tre quelli più attrattivi e famosi), per poi sfociare a valle nel torrente che scorre a La Thuile.

IL TREKKING DELLE CASCATE

Il sentiero per arrivare alle cascate del Rutor parte in località “La Joux”, lungo una mulattiera che costeggia un torrente e dopo poco, passato un ponte sul ruscello, si snoda in un fitto bosco di larici e abeti rossi. Si respira aria pura di montagna e il rumore dell’acqua accompagna il cammino. Nel primo tratto il sentiero è semplice e breve, in soli 15-20 minuti si raggiunge il primo punto panoramico: un largo balcone sulla prima cascata (siamo a 1.700 metri di altitudine).

Per raggiungere la seconda cascata il tragitto diventa più impegnativo e lungo, con alcuni tratti più ripidi formati da radici di alberi e pietre; il bosco con l’ombra delle sue piante protegge dalla calura estiva. Usciti dal bosco il percorso diventa facile, attraversa un prato fiorito costeggiando un ruscello. Il panorama che si apre è mozzafiato: pendii ricoperti da fitti boschi si alternano a cime innevate. Il sentiero si immette nuovamente nel bosco e si intreccia con rivoli e torrentelli, comodamente attraversabili su ponticelli in legno. Il rilassante rumore dell’acqua, che fin’ora ci ha accompagnato, inizia a lasciar posto ad un rombo più deciso, suggerendo la vicinanza della seconda cascata. L’emozione inizia a salire di pari passo con il fragore dell’acqua e finalmente si giunge alla seconda cascata, posta a quota 1850 metri: quanta forza e potenza la Natura!

Il sentiero per la terza cascata è rappresentato da un tratto breve (15-20 minuti) in salita e segue un percorso a gradoni nella roccia. Ben presto gli spruzzi nell’aria e le pietre bagnate preannunciano il raggiungimento dell’obiettivo. Con passo solenne e carico di emozione percorro per intero una passerella in ferro, attraversando tutta la cascata. Intorno a me numerosi visitatori, in rispettoso silenzio, godono dello spettacolo immersi in un fragore quasi assordante. Una miriade di goccioline di acqua restano sospese in aria disegnando un magnifico ed eterno arcobaleno, regalando al contempo un fresco sollievo.

VERSO I LAGHI DI BELLA COMBA

Dopo questa emozionante esperienza, che in pochi secondi cancella tutta la fatica, la scelta è quella di continuare il trekking verso due laghi di particolare bellezza: i Laghi di Bella Comba. Di origine glaciale, sono entrambi contornati da pietraie e presentano una colorazione tra il verde e l’azzurro; si trovano rispettivamente ad un’altitudine di 2.374 m (Bella comba inferiore) e 2.378 m (Bella comba superiore).
Si prosegue dunque lungo il percorso che lascia a destra le cascate del Rutor; fa caldo, il cammino è in salita e scalinato fino ad un bivio da cui a sinistra si può raggiungere il Rifugio Deffeyes; a destra il segnavia n.8 porta ai Laghi di Bella comba, obiettivo dell’escursione. Pochi passi dopo aver imboccato il sentiero, si apre davanti agli occhi un vallone spettacolare, solcato dal torrente Rutor. L’ombra di un albero, il torrente che rumorosamente scorre poco più sotto, il vento che ritempra le forze . . . ottimo posto per dedicarsi un picnic e fare scorta di energie! Qui non c’è nessuno, tutti sembrano essersi arresi alla terza cascata, qui solo Natura! Dopo una breve pausa si riparte attraversando il torrente su un ponticello di legno. Difficile descrivere la bellezza di questi luoghi…ricordo che montagne e rocce sembravano vive, le fioriture bellissime e variegate, l’erba aveva un profumo caratteristico portato da un vento leggero. Il respiro si chiude ancora in gola al solo pensiero.

Il sentiero continua su un costone erboso, in un vallone a dir poco fiabesco; fiancheggia un rudere per poi affacciarsi alla conca del primo lago di Bella Comba. Procedendo a destra lungo il lago si raggiunge facilmente anche il secondo lago in mezzo al quale si erge un isolotto aguzzo e molto suggestivo. Qui è doveroso riporre gli scarponi ed immergere i piedi stanchi nell’acqua gelida. Alla ripresa del cammino i primi passi sono pesanti, e gradualmente i piedi freddi iniziano a scaldarsi.

 IL GHIACCIAIO DEL RUTOR

Dopo qualche passo a ritroso si giunge ad un bivio: un ponticello ci consente di attraversare il torrente e passare all’altro versante, ancora inesplorato.

La salita a tratti è ripida e il dislivello si rivelerà importante. Sentieri stretti, sassosi e difficili … ma la fatica sarà ben presto ampiamente ricompensata. Distolgo un attimo l’attenzione dai miei passi alzando la testa: pura emozione blocca il respiro, sono arrivata dove tutto ha inizio!

Davanti ai miei occhi lo spettacolare ghiacciaio sovrasta ed alimenta l’omonimo Lago, prendendo il nome dalla Testa del Rutor, la montagna più alta che lo contorna.

Sosto in silenzio, in contemplazione della meravigliosa cascata che si genera dallo scioglimento del ghiacciaio; la mente va ad una una delle più famose leggende della Valle d’Aosta, legata proprio a questi luoghi.

LA LEGGENDA DEL GHIACCIAIO DEL RUTOR

La leggenda racconta che quella che oggi è un’enorme distesa di ghiaccio, un tempo fosse un prato verdeggiante, sul quale pascolavano le mucche di un ricco Valdostano.
Numerosi pastori mungevano gli animali ogni giorno, producendo grandissime quantità di latte, che venivano impiegate nella produzione di burro e di formaggi. La produzione aumentava ogni giorno e il proprietario diventava sempre più ricco.

Si racconta che un giorno un mendicante bussasse alla lussuosa casa del ricco padrone, chiedendo un po’ di latte per sfamare se stesso e la sua famiglia. Il ricco padrone non solo non accolse la richiesta del pover uomo, ma addirittura, a sfregio, ordinò ai suoi servi di rovesciare tutto il latte del calderone sul prato. Infine, ridendo a crepapelle, invitò il mendicante ad andarsene. Il povero uomo rimase di stucco nel vedere tutto il buon latte che si riversava sul prato. Con tono minaccioso si rivolse al padrone esclamando: “Hai voluto far diventare bianchi i prati del tuo alpeggio, da oggi lo resteranno per sempre!”. Il padrone non si curò delle parole dell’uomo, ma i suoi servi compresero che stava accadendo qualche cosa di strano.

Non appena il povero mendicante si allontanò, iniziò a nevicare come mai era successo. La neve cadde per giorni e giorni e le produzioni di latte cessarono, il pascolo diventò un’enorme distesa di neve. Nei giorni successivi spirò anche un gelido vento, il quale trasformò il manto nevoso in uno spesso strato di ghiaccio che mai più si sciolse.

La maledizione del mendicante aveva punito il ricco proprietario: il verdeggiante e produttivo pascolo si era trasformato in quello che ora è il gigantesco ghiacciaio del Rutor.

VERSO IL RIFUGIO DEFFEYES

Il racconto di questa leggenda accompagna i miei passi fino quasi a valle, consentendomi di intrattenere la mia amata zavorra in questa fase finale dell’escursione. La discesa presenta parti più esposte e pericolose difficili da gestire con un bimbo nello zaino, in precario equilibrio. L’obiettivo è il rifugio Deffeyes, ma quello che a vista sembrava la meta si rivela essere in realtà un vecchio rudere abbandonato.

 

Ormai tardi, con molte ore di cammino sulle gambe, inizia a maturare la consapevolezza che non è possibile raggiungere il rifugio. Fortunatamente un guardiano del posto gravitava da quelle parti. Con aria sconsolata ci comunica che per arrivare al Rifugio mancano ancora una quarantina di minuti su un sentiero in salita.

IL RIENTRO

Il sole sta calando, il buio avanzando; a malincuore occorre rinunciare all’idea di proseguire per cercare di raggiungere il prima possibile il bivio per ritornare in paese. Nessuna persona incontrata in questo sentiero, solo il silenzio della natura, ancora lo scorrere dell’acqua, l’aria pulita e ora anche fresca.

Le gambe oramai scendono verso valle muovendosi per forza di inerzia. Il mio piccolo compagno di viaggio mi ha abbandonato: dorme ciondolando ampiamente la testa. Mi costringo a sforzi di concentrazione per poter controbilanciare i suoi movimenti, evitando così di rotolare a terra. Un bosco sempre più buio ci conduce fino alla macchina.

Ricordo di aver piegato le gambe tremanti per la discesa quel tanto da far sì che lo zaino appoggiasse sul terreno. Ho allentato le cinghie e sfilato la mia zavorra; in un momento ho realizzato quanto avessi faticato con 20 Kg e oltre sulle spalle. Lentamente ho preso confidenza con quello che era realmente il peso del mio corpo, dopo ore di carico mi sembrava di volare!

Guardo l’orologio: avevo camminato per tutto il giorno, con il caldo, su tratti a volte molto ripidi, punti esposti… eppure è stata un’escursione meravigliosa. La porterò sempre nel cuore!

Giulia Basteri
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