Il giorno di Natale rappresenta forse quello più atteso dell’anno, sicuramente quello più desiderato dai bambini, che fremono dalla voglia di svegliarsi al mattino per aprire i regali lasciati sotto l’albero. Babbo Natale, dal canto suo, è uno dei personaggi più famosi ed affascinanti al mondo e tante sono le curiosità e le leggende legate alla sua figura.
Ma chi è veramente Babbo Natale? Quali le sue origini, tra persone esistite veramente, miti e leggende?
Le vere origini e la storia del mito di Babbo Natale hanno radici molto antiche e potrebbero risalire addirittura alla mitologia greca.
Si racconta che Poseidone, il dio del mare e dei maremoti, nel periodo del solstizio d’inverno (che guarda caso coincide con il periodo natalizio) girovagasse con il suo carro trainato da otto cavalli donando oggetti a chi incontrava nel suo cammino, motivo per cui era considerato una divinità estremamente generosa.
Sono millenarie anche le leggende pagane legate a Odino, dio supremo dell’antica religione nordica: anche lui portava doni, a bordo di una slitta trainata da un cavallo volante. La tradizione voleva che i bambini lasciassero i propri stivali nei pressi del caminetto, riempiendoli di carote, paglia o zucchero per sfamare il cavallo volante del dio, Sleipnir. In cambio, Odino avrebbe sostituito il cibo con regali o dolciumi. Nella cultura cristiana, invece, dietro la figura più emblematica del Natale, si nasconde quella di un uomo realmente vissuto nel IV secolo (in quella che oggi risulta essere la Turchia): San Nicola, Vescovo di Myra. Fu un uomo molto ricco e benvoluto dai suoi concittadini, che veniva raffigurato con un abito lungo rosso e una lunga barba bianca.
Il Natale moderno, o meglio cristianizzato, si sovrappone dunque alla festa pagana del solstizio d’inverno, la festa del sole nascente e della rinascita: in questo periodo si assiste alla nascita del figlio di Dio, la nuova luce del mondo, e all’immagine di Babbo Natale che porta i doni ai fanciulli, simbolo di rinascita e di augurio per il nuovo anno.
Le Leggende su San Nicola
Già nel Medioevo San Nicola era uno dei santi più popolari del cristianesimo, noto per la sua generosità e protagonista di molte leggende riguardanti miracoli a favore di poveri e defraudati.
Una leggenda narra che aiutò un povero padre caduto in disgrazia a far sposare le sue tre figlie, fornendo loro una dote ed evitando al contempo che fossero avviate alla prostituzione. Si racconta che una sera il Santo, per aiutare il pover’uomo, avesse lanciato attraverso la finestra un sacco di monete e fosse intenzionato a ripetere questo gesto per tre notti (in modo che ciascuna delle tre figlie potesse trovare sistemazione). Per due notti la missione andò a buon fine; la terza notte, invece, accadde che la governante, non sapendo di questa cosa, chiudesse la finestra. San Nicola non si perse d’animo ed ebbe l’idea di arrampicarsi sul tetto per far scendere il denaro dal camino; caso volle che le monete, cadendo, andassero a depositarsi proprio nelle calze che l’uomo aveva messo ad asciugare. Vi ricorda qualcosa?
Un’altra leggenda narra che Nicola, già vescovo, resuscitò tre bambini che un macellaio malvagio aveva ucciso e messo sotto sale per venderne la carne.
Possiamo poi ricordare il racconto di quando diede da mangiare ad alcuni bambini poveri ed affamati di una città, bussando alle loro porte e donando loro un sacco di cibo; la leggenda narra che da quel giorno San Nicola tornasse tutti gli anni sulla terra per portare regali ai bambini.
Quelli descritti sopra sono solo brevi accenni dei numerosi miti tramandati sulla figura di San Nicola, da sempre ritenuto un santo benefattore e protettore, specialmente dei bambini.
Dove nasce il Babbo Natale che conosciamo oggi?
Seppure la leggenda di Babbo Natale fosse già ben radicata, prima del XIX secolo, spesso, a Paesi e culture diverse corrispondevano rappresentazioni diverse. Babbo Natale poteva essere infatti un elfo o un folletto, oppure, nella cultura anglosassone, un omone anziano con una lunga barba bianca, una sorta di “spirito del Natale”, che avrebbe ispirato il celebre “Canto di Natale” di Charles Dickens.
La nascita del Babbo Natale “moderno” dunque è molto più recente di quanto sembri e risale a poco più di 200 anni fa. Il suo nome in inglese, Santa Claus, deriva da Sinterklaas, nome olandese di San Nicola ed è comparso pubblicamente per la prima volta nel 1773 sulle pagine di un giornale newyorkese.
Il nome e i dettagli allora conosciuti della figura derivavano tutti dalla tradizione olandese legata a Sinterklaas, che i coloni portarono in America nel diciassettesimo secolo. Sinterklaas è un santo, protettore dei più piccoli, rappresentato con la barba bianca e un cappello rosso.
Nel 1809 lo scrittore Washington Irving scrisse “History of New York”, un libro in cui l’autore dedicò alcune pagine alla descrizione delle caratteristiche di Santa Claus.
Era un racconto satirico sulle origini di New York, dall’inizio del mondo alla fine della “dinastia” olandese. Irving si diverte molto a prendere in giro i primi coloni olandesi, che avevano fondato New Amsterdam nel 1625, per farsela portare via dagli inglesi nel 1665. Da allora, la città sorta sull’isola di Manhattan prese il nome di New York. Ai tempi la figura di Santa Claus non aveva ancora un aspetto ben definito; Irving, nelle pagine del suo libro, lo descrive come uno spilungone vestito di verde che fuma la pipa.
A “Visit from St. Nicholas” è una celebre poesia natalizia statunitense, pubblicata per la prima volta nel 1823 in forma anonima (sul Sentinel, il giornale locale di Troy, New York), ma ufficialmente attribuita a Clement Clarke Moore. Nella poesia l’autore riporta nero su bianco alcuni dei dettagli che ormai fanno parte del folklore legato a Babbo Natale, come le sue renne, la sua risata e la sua tecnica per risalire su per i camini delle case.
Questa poesia rappresenta un tassello fondamentale nello sviluppo della figura del moderno Babbo Natale/Santa Claus. Questo testo, difatti, non solo ha fortemente influenzato le raffigurazioni successive del personaggio (una sorta di folletto bonario e non più dal carattere inquisitorio), ma ha inoltre contribuito ad associare il più popolare portatore di doni alle date del 24-25 dicembre, anziché al 6 dicembre, giorno dedicato a San Nicola.
Nel testo Moore descriveva la sera della Vigilia di Natale in una casa degli Stati Uniti; i bambini prima di andare a letto avevano lasciato delle calze appese in attesa che Santa Claus portasse loro dei doni. Il tanto atteso Babbo Natale giunse nella casa a bordo di una slitta e scese dal camino con un grande sacco in spalla pieno di giocattoli. Era vestito con una pelliccia ed aveva una piccola pancia rotonda che quando rideva tremava come una ciotola piena di gelatina. Era paffuto, con una barba bianca, le guance rosse e il naso color ciliegia.
Nella poesia vengono citati anche i nomi delle renne di Babbo Natale (che per la prima volta compaiono nel numero di otto): Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donder e Blitzen. Il testo si conclude con Santa Claus che se ne va pronunciando le parole “Buon Natale a tutti e a tutti buona notte!”.
La poesia conquistò grandi e piccini, dimostrandosi perfetta per poter piacere a tutte le famiglie americane, comprese quelle di confessione protestante.
Fu dunque il professor Moore a inventare Santa Claus, ma dobbiamo attendere il Natale del 1862 perchè assuma l’aspetto con cui lo conosciamo oggi.
In quest’anno, infatti, mentre impeversava la guerra civile, un vignettista di satira politica, Thomas Nast, raffigurò sulla copertina dell’”Harper’s Weekly” un Santa Claus sul campo di battaglia, vestito con un pellicciotto a stelle e strisce e provvisto di un sacco pieno di regali sulle spalle.
L’immagine di quest’uomo, che sfida la propria sorte pur di portare un po’ di conforto ai soldati al fronte, commosse tutti; ebbe un così grande successo che, negli anni a venire, Thomas Nast dedicò a Santa Claus molte vignette, non solo a sfondo bellico, generalmente realizzate in bianco e nero.
Nel 1886 il suo editore, deciso a realizzare una stampa per collezionisti, incaricò Nast di realizzare un disegno a colori.
Il vignettista non ebbe dubbi su come dipingere gli abiti di Babbo Natale; a suo parere non potevano non essere che di colore rosso scuro, come la porpora cardinalizia, in omaggio a quel san Nicola da cui, anni prima, tutto era partito.
Dunque non è vero che fu la Coca Cola a vestire Babbo Natale con abiti rossi e bianchi, per richiamare i colori del suo logo?
Nella realtà la Coca Cola non può rivendicare la paternità dell’immagine di Babbo Natale, che dunque va ricondotta a Nast; quello che fece questa multinazionale fu però di utilizzarla nelle proprie campagne pubblicitarie, con regolarità, stagione dopo stagione, a partire dal 1931.
In quest’anno, infatti, l’Azienda diede incarico a Haddon Sundblom di realizzare vignette con il personaggio di Santa Claus per le proprie campagne pubblicitarie; l’illustratore apportò solo qualche piccola modifica all’iconografia già esistente di Babbo Natale: rese più vivo il colore del suo pellicciotto, per farlo combaciare con la precisa tonalità di rosso presente nel logo della Coca Cola, e lo raffigurò più paffuto, come a voler sottolineare che anche Santa Claus amasse la buona cucina e, soprattutto, le buone bevande.
Sundblom ha dunque il merito di aver raffigurato, per la prima volta, un San Nicola umano e realistico: un personaggio talmente familiare e veritiero da diventare la personificazione stessa del santo patrono dei bambini e del Natale.
A lui si deve dunque la nascita dell’iconografia moderna di Babbo Natale, utilizzata dal 1931 al 1964, nelle campagne pubblicitarie della Coca-Cola Company.
In conclusione, se ci si chiedesse chi ha inventato Babbo Natale, la risposta potrebbe essere: tantissime culture in epoche diverse, ciascuna delle quali ha fornito tantissimi particolari che si sono fusi per dare vita a questo personaggio così famoso ed affascinante, così come lo conosciamo oggi.
“Buon Natale a tutti e a tutti buona notte!”.
Clement Clarke Moore, 1823, New York.
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